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Il nostro cinema in America Latina

Sei pellicole italiane in viaggio per il Sud America: prima tappa, il 21° Festival Internacional de Cine de Mar del Plata, in programma dal 9 al 19 marzo 2006. I sei titoli in questione sono Le chiavi di casa di Gianni Amelio, La febbre di Alessandro D'Alatri, Craj-Domani di Davide Marengo, Il resto di niente di Antonietta De Lillo, Fatti della banda della Magliana di Daniele Costantini e Alla luce del sole di Roberto Faenza. Il tour è realizzato grazie al progetto Arcobaleno Italiano, concepito per incoraggiare la vendita dei nostri film in America Latina e, dal prossimo anno, anche in Asia. Dopo l'Argentina sarà la volta dell'Uruguay (Festival Internacional de Cine, dal 6 al 16 aprile), e poi del Brasile, del Cile, del Perù, del Messico e del Venezuela.

Il Progetto Arcobaleno è organizzato dall'Istituto Internazionale per il Cinema e l'Audiovisivo dei Paesi Latini, con l'Api, la Direzione Generale per il Cinema e il ministero degli Affari Esteri.


 

Nastri d'Argento 2006

"CRAJ (domani)" candidato nella categoria "documentari"

I Nastri d’Argento sono il più prestigioso riconoscimento per il mondo del cinema italiano, assegnato dal 1946 dai soci del Sngci (Sindacato nazionale giornalisti cinematografici italiani) e destinati ai migliori film di lungo e cortometraggio, ai loro autori, interpreti, tecnici e produttori. Il riconoscimento quest’anno è giunto alla sua 60esima edizione per l’occasione una novità: una categoria per i documentari.

"Miglior documentario uscito in sala"

la cinquina della categoria:
"Passaggi di tempo" di Gianfranco Cabiddu
"La storia del cammello che piange" di Luigi Falorni con Byambasuren Davaa
"Viva Zapatero!" di Sabina Guzzanti
"Craj-Domani" di Davide Marengo
"Un’ora sola ti vorrei" di Alina Marrazzi

Con “CRAJ (domani)”che attualmente è nelle sale cinematografiche il primo lungometraggio del regista Davide Marengo, ha partecipato al 62° Festival Internazionale di Venezia 2005 alle Giornate degli Autori come evento speciale di chiusura, vincendo il premio Lino Micciché del CSC per la migliore opera prima.


 

 

Il Mattino - Martedì 7 Settembre 2004

SPETTACOLARE PERFORMANCE IERI AL SETTEMBRE AL BORGO

De Sio, Ferretti e i Cantori di Carpino: sul palco la festa popolare

Impossibile non farsi coinvolgere dal suono frenetico della taranta, e, infatti, il pubblico, numerosissimo (ancora una volta era tutto esaurito) ieri sera al Teatro della Torre, trasformato in piazza, ha cantato, ballato, applaudito al ritmo delle musiche, tammorre, pizziche. Tutti in piedi nello spazio senza posti a sedere, sul pavimento prudentemente rinforzato per l'occasione, sotto mille luminarie colorate, proprio come accade nei giorni di festa nei borghi della nostra terra, gli spettatori seguono lo svolgersi dell'azione scenica che si sviluppa su tre palchi diversi sistemati in semicerchio, guidati dai racconti di un narratore d'eccezione, Giovanni Lindo Ferretti che entra in scena in sella a un cavallo bianco Andaluso.

Una grande festa popolare fra cantori, strumenti, cavalieri e leggende del Meridione. Alla riscoperta delle tradizioni, dei suoni, delle nostre radici più autentiche, per un viaggio che attraversa in diagonale il tempo e lo spazio, la musica e la parola, il passato e il futuro. Così "Craj", domani, appunto, (per guardare a quello che sarà senza dimenticare quello che è già stato), lo spettacolo-evento presentato da Teresa De Sio con la partecipazione di Giovanni Lindo Ferretti, Uccio Aloisi, Matteo Salvatore e i Cantori di Carpino, non ha tradito le attese. L'appuntamento d'autore si è rivelato una sorta di "grande fusione" a Sud della musica, un progetto a cui la De Sio ha lavorato per oltre due anni e che la consacra come interprete originale di quella "musica ecologica", che tende alla purezza dei suoni e delle tradizioni, lontane da contaminazioni artistiche e stilistiche.

Il canto puro e acuto della De Sio, il volto e la voce carismatica di Lindo Ferretti, le melodie e le cantilene di Aloisi e Salvatore, due vispi vecchietti che la De Sio ha scovato nelle terre salentine e li ha convinti a seguirla in quest'avventura artistica per suonare e cantare insieme la liberatoria musica delle radici, sono stati gli ingredienti di una serata specialissima. Un altro tassello, un altro colpo messo a segno dall'organizzazione e dalla direzione artistica di questo XXXIV Settembre al Borgo.

LIDIA LUBERTO

 

 

Il Mattino - Mercoledì 8 Settembre 2004

Ferretti, Aloisi, i Cantori di Carpino e Salvatore star di uno spettacolo antidoto al logorio del suono moderno

DALL' INVIATO FEDERICO VACALEBRE

Caserta. In mezzo alla folla c'è una ragazzina pugliese nerovestita che balla la taranta con la sensualità feroce che nessuna smutandata televisiva riuscirà ad avere mai. Potrebbe essere lei il simbolo di "Craj", il senso di questa strana avventura antropologico-circense, in cui Teresa De Sio e Giovanni Lindo Ferretti si mettono al servizio dello zoccolo duro della taranta e della pizzica riportando all'attenzione l'arcaica voce degli uomini-ragno: dei Cantori di Carpino, di Uccio Aloisi e di Matteo Salvatore.

La terra del rimorso, le riflessioni su Sud e magia, l'aracnide che si insinua sotto le gonne in realtà c'entrano poco col nuovo boom del suono tradizionale del Salento.

Improponibile, nonostante le riflessioni sociologiche su nuove forme di trance e possessione post-metropolitana, il richiamo ad una ritualità lontana anni luce dalla quotidianità di chi oggi accorre al richiamo delle tammorre e delle chitarre battenti. Indemoniati ed esorcisti non abitano più qui, la notte del dio che balla è l'ultimo gioco in città, il party più trendy e politically correct del momento, in perfetta sintonia con la filosofia no global, anzi glocal.

Il rischio che ancora una volta tutto si risolva in una modaè evidente: dopo la sbornia degli anni Settanta il folk revival italiano è tuttora rimosso, come un parente scomodo. Eppure il pericolo dell'omologazione non riesce ad intaccare il fascino di quest'emozionante operazione finalmente arrivata in Campania, grazie a "Settembre al Borgo", nello spazio del teatro della Torre affascinante più che mai, sgombero com'è di sedie e trasformato in una sorta di aia in festa, con tanto di bottiglie di vino passate di mano in mano, per riscaldare gli animi e sciogliere i pudori.

La vicenda di messer Floridippo (Ferretti col suo cavallo bianco) e del suo scudiero Bimbascione (De Sio) è un espediente narrativo, ma nemmeno i radiomicrofoni che fanno i capricci riescono ad impedire che serenate, stornelli, ninne nanne e pizziche compiano puntuali il loro compito. Le voci sporche di Uccio Aloisi, Antonio Piccinino e Antonio Maccarone confessano di aver vissuto in un'altra Italia, mentre i loro occhi brillano per l'entusiasmo acceso nei giovani che li circondano a Casertavecchia. La voce stanca di Matteo Salvatore, il nostro più grande cantastorie, ferma le danze, racconta secoli di stenti e povertà, ridà voce ai fantasmi di un Sud sfruttato e maltrattato.

Madonna Teresa è una tarantata doc: altrimenti non avrebbe mai messo in piedi questo spettacolo senza palcoscenico, anzi con quattro palcoscenici, che circondano il pubblico sotto le luminarie di una sagra paesana. Il cavalier Ferretti salmodia a cavallo i versi dei suoi Pgr immaginando di avere davanti a sé la pianura del Tavoliere. Intorno a loro, saltando da una pedana all'altra, il violino di Erma Castriota e la tammorra di Pino Zimba, le telecamere di Davide Marengo che riprende tutto, ma soprattutto l'entusiasmo di una platea sempre più affascinata e complice, ammaliata e danzante. La taranta è morta, viva la taranta, antidoto al logorio del suono moderno. Craj vuol dire domani, come un ritorno al futuro. Bello e impossibile.

 

MUSICA ECOLOGICA
OVVERO LA MUSICA CHE NON INQUINA

di TERESA DE SIO

 

 

Noi abitiamo un mondo arredatissimo. Pieno di oggetti, da usare e consumare, freneticamente, spesso inutilmente.

Il videoregistratore, il cellulare, il frigorifero, ma anche la giacca, il surgelato, e il giornale ci appaiono come strumenti irrinunciabili per la buona riuscita delle nostre vite, ed entusiasmanti conferme della nostra presenza nel mondo. Tutto ciò che viene prodotto sotto il sole noi lo dobbiamo possedere e consumare!

Che fatica! E che fatica sprecata, dato che niente può mai essere consumato fino in fondo. Il televisore rotto, la giacca passata di moda, il giornale di ieri, dopo che abbiamo smesso di adoperarli sono ancora lì, fisicamente e malinconicamente transitati dalla condizione di splendidi feticci dei nostri tempi, a quella di scorie inquinanti.

TORO SEDUTO , il grande capo pellerossa, disse e predisse che l'uomo bianco sarebbe morto seppellito dai propri rifiuti. Ciononostante ci avviamo allegramente dentro il terzo millennio trascinandoci il peso di milioni di cose rotte, invendute, vuoti a perdere, gioielli consumati troppo in fretta.

Non sono soltanto gli oggetti a subire questa sorte, ma anche le idee, il pensiero, le arti e la musica tra queste. Ogni attività dell'ingegno umano dovrebbe sempre "servire" a qualcosa (compreso rispondere all'eterna richiesta di Bellezza e Piacere) e consumare interamente la propria essenza nell'arco del ciclo "servile"per il quale viene prodotta. Senza residui, senza scorie.

La Musica Popolare è così. Esiste perché serve , ha una funzione e uno scopo sempre. E' la musica che danza nelle feste, nei rituali, che "cura" le anime strette dal "negativo dell'esistenza" e le libera. Per questo è l'unica musica veramente consumabile fino in fondo e che, quindi, non lascia scorie e non inquina. Musica ecologica dunque.

Musica il più possibile suonata in "acustico". Compatibilmente con le necessità che il violentissimo e degradato "suono sociale" dentro cui viviamo immersi, richiede.

 

 

 

MUSICA DELLA "PUREZZA"

 

Negli ultimi decenni alcuni musicisti, tra cui io stessa, hanno lavorato alla costruzione di un suono contaminato, miscelatore di lingue tradizionali e nuove tendenze. In questa direzione molte cose belle sono state fatte. Nel corso di questi sfrenati e rigeneranti sposalizi stilistici, da un certo momento in poi, però, ha cominciato a sparire il " segno originario ". Credo che il nostro futuro culturale debba invece costruirsi sul doppio binario dell'innovazione continua, da una parte, e della conservazione delle matrici, dall'altra.

Ci sono musicisti ancora "puri" che hanno attraversato i decenni con fierezza meridionale e contadina, senza accettare le lusinghe della cultura ufficiale, e senza "mischiarsi" con niente che non gli assomigliasse. I CANTORI DI CARPINO, MATTEO SALVATORE, UCCIO ALOISI , sono la storia ferma. Ma anche il più convincente movimento possibile verso il "domani". Sono il sud, nel sua forma più possente e soleggiata.

Le rodianelle, le viestesane, le ninnananne, le pizziche raccontano una storia singolare ma universalmente comprensibile. Un orizzonte mitologico-musicale su cui ricostruire e rifondare un forte sentimento di PUREZZA e di AUTENTICITA'. Una biodiversità importante da affermare.

Su queste considerazioni nasce l'idea di "CRAJ", che sia in pugliese che in napoletano vuol dire, appunto, domani.

 

 

 


Articolo sulla prima nazionale a Lecce...